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EDITORIALE
24.04.2020

Scrivo queste righe costretto alla segregazione e solo qualche giorno dopo il 22 aprile, giornata della terra; circostanze che sollecitano le considerazioni che seguono e che mi aiutano a focalizzare il centro della mia riflessione sul perché mi trovi e ci troviamo tutti in così miserevole condizione. Per tentare una risposta tocca fare un passo indietro, tanto da accorgersi che i primi venti anni del millennio hanno vissuto tre avvenimenti epocali: l’abbattimento delle Torri Gemelle, la nascita dell’Europa unita (…work in progress!) e la prima pandemia, dopo la Spagnola.

Che cosa hanno in comune tre avvenimenti, in apparenza, così diversi? La globalizzazione.

Alla luce di questo irreversibile carattere del nostro tempo è possibile individuare il filo rosso che lega due catastrofi ed un tentativo di rispondervi in positivo. La reazione alla globalizzazione ha scatenato il demone del terrorismo islamico, con l’interminato strascico di orrori ben noti, quanto l’Unione Europea è stato il tentativo di non soccombervi, dato il dominio demografico ed economico statunitense, russo e cinese. 

Tuttavia è nella pandemia da coronavirus che si svela in tutta la sua portata l’immensa responsabilità, tradita, di custode della Madre Terra che spetterebbe all’uomo.

Nell’accumularsi di azioni predatorie a danno dell’ambiente (inquinamento, surriscaldamento, scandaloso implemento di ricchezza da parte di pochi, in angosciante confronto con la fame di troppi… ma l’elenco rischierebbe la dismisura) si ravvisa ciò che ha favorito, e favorirà, il travaso dei virus da specie che li ospitano senza danno, all’uomo, cui si rivelano letali.

L’erosione dei confini posti dalla natura tra le specie viventi (cosiddette nicchie ecologiche), causata dalla deforestazione, dalla monocoltura, dall’agricoltura intensiva …, ha favorito la promiscuità tra mondo animale ed umano con il trasferimento virale. Fenomeno anticipato in televisione tempo fa, quasi profeticamente, da Bill Gates e magistralmente descritto da David Quammen in un libro, ormai introvabile, intitolato Spillover.

Fin dall’intuizione francescana della Laude, alla visione rinascimentale del cosmo come grande animale vivente, è chiaro che l’uomo ne è parte privilegiata solo in forza della propria intelligenza ed autocoscienza. Non bisogna quindi augurarsi un ritorno al passato, ma l’accesso ad un futuro di compatibilità ambientale, di etica della responsabilità e di giustizia sociale.

Compito immane che graverà su tutti, ma in particolare sul mondo imprenditoriale, cuore pulsante dell’economia reale, come lo sognò e lo volle Adriano Olivetti. In caso contrario avremo scelto la via maestra della sesta estinzione: la nostra.

Fabio Romano